Biomimesi, tecnica per una sintesi del mondo
La cultura occidentale è attraversata fin dai suoi primi gemiti filosofici da alcune questioni che ancora oggi spesso sono oggetto di lunghe dissertazioni. Tra queste senza dubbio possiamo inserire quella riguardante l’essenza del mondo e della natura, ma anche un’altra più legata invece al rapporto imitativo che viene ad instaurarsi tra essa e l’uomo.
Per quel che riguarda il primo punto, l’essenza del naturale, potremo quindi spaziare nel nostro ragionamento dall’ilozoismo fino al raffinatissimo pensiero di Bruno, mentre per la questione mimetica dovremo affrontare in primo luogo il pensiero di Platone ed Aristotele.
Spesso s’intravedrà una particolare diffidenza in area platonica nei confronti di queste pratiche imitative, soprattutto per quel che riguarda l’arte.
A noi però interessa in particolar modo sottolineare come l’osservazione del reale, del mondo, sia stata fin da subito uno dei punti centrali per lo sviluppo della nostra società e della nostra tecnica. Imitare la natura per innalzare templi, per proteggersi dalle intemperie, per volare.
Ogni tempo ha avuto grandi ingegni e correnti di pensiero che si volsero al genio naturale, e la nostra epoca non è da meno, anzi, sempre più la Biomimesi appare come incarnazione prediletta dello Zeitgeist ingegneristico e architettonico contemporaneo.
Bionica e Hybrid Design
Il primo approccio tecnico che ha visto come protagonista l’osservazione della natura per conseguire la realizzazione d’un manufatto architettonico viene spesso designato con l’aggettivo bionico. Si tratta d’un’analisi dell’elemento naturale che punta all’estrapolazione da esso di forme, strutture e funzioni, da realizzarsi tuttavia mediante tecnologie che rispettino processi prevalentemente di tipo umano. La natura suggerisce una soluzione e l’uomo la realizza con i propri mezzi tecnici.
La lezione biomimetica spinge ad un stadio successivo la collaborazione fito-antropologica e lo fa mediante una forma di ibridismo tecnologico che vede protagonista il cosiddetto Hybrid Design. Quest’ultimo nasce grazie all’esperienza pratica e agli studi di ingegneri e biologi che hanno collaborato alla realizzazione dei primi progetti di nano-tecnologie. In questo contesto di forte interazione tra ambiti di studio si è compreso come si dovessero estrapolare dalla natura non solo forme, strutture e funzioni, ma anche principi e processi realizzativi. La natura quindi offre non solo un paradigma risolutivo ad una determinata questione, ma collabora con l’uomo offrendogli anche dei mezzi tecnici alternativi a quelli tradizionali.
Ad esempio i manufatti nano-tecnologici riprendono dalla natura quella capacità rigenerativa ricorrente in diversi processi biologici, ma che è già facilmente individuabile nella ricomposizione dell’epitelio umano successiva ad un trauma superficiale.
La natura sembra quasi scrivere sull’uomo i suoi suggerimenti e le sue soluzioni.
Il confine tra biomimesi e biofilia
Il dialogo tra scienze, come si è già visto in precedenza, è oramai una costante ed una necessità per lo sviluppo del sapere. L’ingresso di nuove nozioni, in aree della cultura che ne erano rimaste estranee, è sicuramente uno dei metodi che più sono stati perseguiti nel secolo passato, una delle strade che meglio hanno definito il progresso. Sembra tuttavia necessario però cercare un confine meno traballante tra quelle che sono le tendenze interne ad un medesimo campo.
Bisogna quindi indicare e segnalare come Biofilia e Biomimesi non siano assolutamente sovrapponibili, ma anzi concetti che, nella macroarea del pensiero green, si possono collocare addirittura in posizione polare.
Punto nevralgico della distanza sta proprio nella direzione che i due filoni prendono nei confronti dell’uomo. Se infatti la Biofilia assumerà una posizione human oriented, con una costante ricerca di dialogo tra spazi, oggetti e uomini, per ottenere infine un benessere generale di chi fruisce del prodotto biofilo, la Biomimesi potremo invece definirla creation oriented, tutta indirizzata com’è all’indagine e allo studio dell’elemento naturale per elaborare tecniche creative in grado di innestare il naturale nell’umano all’interno dei più svariati manufatti. Nel far questo però ovviamente tralascia quelli che sono gli equilibri e i sistemi di scambio tra gli ambienti e l’uomo.
Quale potrebbe essere allora il punto di contatto?
Probabilmente un’ingegneria biomimetica e un’umanità biofila.
di Gabriele Presta