La biofilia per rifondare la scuola: l’esempio di Gressoney-La-Trinité
Già da molto prima che ricominciasse settembre, il dibattito sulle modalità di rientro a scuola è stato al centro dell’attenzione pubblica e del lavoro politico del nostro paese. L’esigenza di organizzare l’attività scolastica nel rispetto delle norme di sicurezza per il Coronavirus ha acceso i riflettori sulle condizioni dei nostri edifici scolastici e, come ogni volta, nelle pochissime occasioni in cui si parla a fondo dello stato di salute delle scuole italiane, il bollettino è disastroso.
Nella forte confusione che troppo spesso si accende non appena si affronta il tema dell’istruzione pubblica, le esigenze del ragazzo o del bambino vengono quasi sempre elencate, sottolineate, enfatizzate e quasi mai affrontate. Questo rende la centralità dell’allievo un presupposto teorico che difficilmente si traduce in azione reale ed interessata.
Esistono, però, esperimenti di edilizia scolastica che cercano di immaginare un nuovo tipo di spazio per l’apprendimento che, in modo attivo, riesca a rispondere alle necessità di chi lo vive. Le scuole d’impronta biofila sono un esempio della possibilità d’intervenire in modo significativo e lungimirante sulla qualità dell’istruzione, dimostrando l’attenzione rivolta allo studente a partire dal luogo dello studio.
Una scuola naturale e lo studente al centro
In Italia è stato inaugurato nel 2019 un edificio scolastico estremamente interessante e all’avanguardia a Gressoney-La-Trinité, in Val D’Aosta. Il progetto si chiama Restorative schoolroom ed è una delle prime scuole ideate con criteri di biophilic design del nostro paese. L’idea fondamentale che sta dietro a questo lavoro è che un ambiente di studio confortevole e rilassante possa migliorare le capacità di rigenerazione dell’attenzione degli studenti e diminuire i livelli di stress e ansia che compromettono le prestazioni scolastiche o che portano il ragazzo a disamorarsi dello studio.
Il professor Giuseppe Barbiero, a capo degli studi svolti in modo preliminare alla costruzione della struttura commenta così le proprie ricerche:
“Questa sperimentazione rappresenta il naturale sviluppo degli studi sulla biofilia che da dodici anni stiamo conducendo nel nostro Laboratorio di Ecologia Affettiva (LEAF) all’Università della Valle d’Aosta. Le nostre ricerche hanno dimostrato che il contatto con la Natura ha un potere rigenerativo della capacità di attenzione diretta e sostenuta del bambino e migliora le sue qualità empatiche.”
Dal punto di vista strutturale l’edificio è realizzato con pareti di canapa e sughero in cui si aprono oblò con schermi che contengono immagini di paesaggi naturali. Nelle aule e nelle altre zone della scuola è diffuso il suono di acqua che scorre per rendere gli ambienti più rilassanti e immersivi. L’illuminazione è fornita da lampade che mutano la propria intensità in modo da ricalcare il variare della luce naturale. Al posto dei termosifoni, sono dei pannelli radianti installati nelle pareti a garantire la giusta regolazione termica.
Anche la classica disposizione dei mobili “da classe” è stata ridiscussa: abolita la cattedra, l’insegnante svolge la lezione in mezzo ai ragazzi, nei banchi insieme a loro. La posizione di banchi, inoltre, può essere modificata costantemente grazie a dei modelli che alla fine delle gambe del tavolo hanno delle rotelle, in modo da ridisegnare la struttura dell’aula secondo le esigenze della lezione.
Gran parte delle spiegazioni e delle ore di lezione, inoltre, è svolta all’aperto. Questo crea una condizione di continuità tra ambiente esterno ed edificio scolastico che rende il tempo passato a scuola sempre meno “fuori dal tempo”. Il messaggio che passa agli studenti è che non esiste un confine rigido e ansiogeno tra vita e scuola, che il tempo e lo spazio dell’apprendimento non sono circoscritti nelle mura di un edificio e nelle ore di lezione, ma condizione fondamentale delle proprie giornate.
di Gabriele Lattanzi