La storia di Cristina Li Pera: prendere la vita a morsi per un mondo senza confini e “Plastic Free”
“La natura e tutti i suoi esseri viventi sono diventati per me dei maestri perché ho capito che, se sei presente e impari ad osservare veramente e ad ascoltare, davanti a te si svela una ricchezza profonda e tutto assume un significato diverso”
Oggi vi raccontiamo una storia fatta di amore, passione, ascolto, spirito di sacrificio e voglia di mettersi in gioco per salvaguardare il nostro pianeta: Cristina Li Pera, giovane ragazza di Bologna che, dopo gli studi si avvicina alla Natura studiando i benefici dell’educazione all’aperto in Danimarca e in Svezia. Proprio attraverso i viaggi scopre la sua personale idea di “Biophilia”, coltivando un rapporto speciale con la terra fatto di esplorazione, connessione ed empatia. Da qui, nasce una profonda “fame” di conoscenza della Natura e dei suoi fenomeni, con un forte senso di rispetto verso di essa. Dopo la partecipazione a un progetto con l’associazione norvegese Norges Miljøvernforbund cambia radicalmente la sua vita portando a casa risultati concreti: solo nel 2022 l’associazione raccoglie 32 tonnellate di rifiuti in cinque mesi, sensibilizza 6.100 studenti nelle scuole e coinvolge 9 nazionalità di volontari. Assurdo, vero? Beh, ai più curiosi non resta che andare avanti con l’articolo e scoprire come la vita ha portato Cristina ad agire, cercando di fare il massimo per vivere nel modo meno impattante per il nostro pianeta e per noi stessi.
1) Ciao Cristina, parlaci di te: qual è il tuo background e cosa ti ha portata ad approfondire i benefici dell’educazione all’aperto?
Ciao squadra di Biophilia. Sono laureata in Educatore nei servizi per l’infanzia e Pedagogia all’Università di Bologna. Proprio durante i miei tirocini e il mio primo lavoro, ho iniziato a farmi delle domande sulla tipologia di scuola più in linea e rispettosa dei diritti, delle competenze e dei bisogni delle bambine e dei bambini di oggi. Per questo, dopo qualche anno di studio, mi sono interessata all’educazione all’aperto: i bambini e le bambine hanno fortemente bisogno di vivere esperienze in prima persona, attraverso quello che Dewey¹ chiama “Learning by doing”, imparare facendo e non guardando, né tantomeno imparando a memoria. Vivono esperienze sempre più strutturate e “addomesticate” dagli adulti a discapito del loro tempo libero, che cala drasticamente, perdendo il rapporto con l’ambiente esterno. Questo mi ha portata a studiare l’educazione all’aperto e conoscerne tutti i benefici che la ricerca scientifica evidenzia ormai da tanti anni: psicofisici, cognitivi, emotivi, di socializzazione e interazione con gli altri esseri viventi. Ho poi avuto la fortuna (e la testardaggine) di “toccare con mano” e fare esperienza di alcune scuole nel bosco durante il mio Erasmus in Danimarca e il mio approfondimento tesi in Svezia: momenti che mi hanno fatto conoscere in modo più approfondito queste due culture dell’infanzia, prendendo ispirazione e pratica dalla loro esperienza (la prima scuola nel bosco è nata in Danimarca nel 1952).
2) Cosa hai imparato dai tuoi viaggi in Danimarca, Svezia e Norvegia e come questi hanno arricchito il tuo rapporto con la Natura?
I miei viaggi mi hanno permesso di ritrovare la mia personale “Biophilia”, quella che in linguaggio scandinavo si chiama “friluftsliv” (“vita all’aria aperta”), ovvero l’innata predisposizione emozionale ad avvicinarsi alla natura che abbiamo come esseri umani. Ho ritrovato il mio rapporto speciale con la natura fatto di esplorazione, tempo, libertà, conoscenza, connessione, rispetto, passione ed empatia. I paesaggi scandinavi mi hanno totalmente rapita e mi sono innamorata delle foreste con gli alberi altissimi, del verde dei prati, del rumore dei laghi ghiacciati, dell’odore delle cortecce e del mare, profondo e immenso. Non potevo, quindi, trasmettere alle bambine e ai bambini l’importanza dello stare all’aperto senza di fatto esserci stata io e aver sperimentato in prima persona la potenza di queste esperienze. La natura e tutti i suoi esseri viventi sono diventati per me dei maestri perché ho capito che se sei presente e impari ad osservare veramente e ad ascoltare, davanti a te si svela una ricchezza profonda e tutto assume un significato diverso. Da questa connessione è nata una profonda curiosità di conoscenza della natura e dei suoi fenomeni e un profondo rispetto verso di essa, che mi ha portata a fare qualcosa per aiutarla e proteggerla.
3) Raccontaci della tua missione per salvaguardare il nostro pianeta attraverso l’associazione Norges Miljøvernforbund che si occupa di ripulire le coste norvegesi dalla plastica, oltre che sensibilizzare gli studenti nelle scuole?
Ho scelto di partire e partecipare a questo progetto con l’associazione Norges Miljøvernforbund² perché sentivo la necessità di fare qualcosa di concreto per l’ambiente e per la natura, donando il mio tempo e le mie energie. Non avrei mai pensato che quest’esperienza mi avrebbe cambiata profondamente: la Norges Miljøvernforbund (NMF), “guerrieri verdi della Norvegia”, è una ONG ambientale fondata nel 1993 da Kurt Oddekalv³ e portata avanti oggi dal figlio Ruben, leader dell’organizzazione. Io ho partecipato al progetto di pulizia dei rifiuti marini, durato cinque mesi in totale, che consisteva in un viaggio itinerante nei fiordi norvegesi per pulire le coste dai rifiuti provenienti dal mare e sensibilizzare le nuove generazioni, attraverso interventi nelle scuole e per le scuole. Solo nel 2022 sono state raccolte 32 tonnellate di rifiuti in cinque mesi, sensibilizzati 6.100 studenti e coinvolte 9 nazionalità di volontari e volontarie, tra cui quella italiana. Penso che sensibilizzare le nuove generazioni sia fondamentale per condividere e mostrare la situazione attuale e quello che si può fare perché tutti e tutte hanno il diritto di essere informati e potersi attivare per cambiare le proprie abitudini con fatti concreti. Raccogliere la plastica sulle coste non è stato “solo” mettersi i guanti, prendere un sacchetto e iniziare a raccogliere, ma è stata organizzazione: svegliarsi presto, vestirsi con tanti strati di vestiti, salire sulla barca, mettere la benzina, disfare e fare i nodi, navigare e cercare la plastica sulle coste, scendere sugli scogli e iniziare a pulire, sapendo che non sai quando si finisce. Raccogliere la plastica è stato un viaggio all’interno delle emozioni che ho provato quando la raccoglievo: rabbia, tristezza, vergogna, delusione verso il genere umano, senso di colpa, amara convinzione che non riuscirai a raccogliere tutto perché le microplastiche sono ovunque. È stato un viaggio all’interno del mio modo di vivere e di consumare. Ma non solo, raccogliere la plastica è stato un lavoro di squadra, speranza, empatia. Ora, sono una persona e una cittadina del mondo più consapevole perché guardando con i miei occhi quello che ho sempre letto sui giornali o sentito in televisione, qualcosa dentro di me è cambiato e ho deciso che questo cambiamento doveva riflettersi anche nel mio vivere quotidiano.
4) La tutela dell’ambiente che ci ospita, da troppo tempo lasciata in secondo piano, dovrebbe essere interesse di tutti noi. Come si possono educare, sin da piccole, le nuove generazioni ad amare e rispettare il pianeta?
Penso che per proteggere e prendersi cura dell’ambiente o di un luogo in particolare è necessario prima aver sviluppato una connessione profonda con esso, fatta di esperienze vissute in quel luogo, emozioni, dialoghi, esplorazioni, scoperte, riflessioni che ci trasmettono che quello spazio è importante per noi e per gli altri. Se quello spazio ha un significato per me lo rispetterò e sentirò la necessità di aiutarlo, proteggerlo e anche difenderlo se necessario. Ai bambini e alle bambine, oggi, mancano il tempo e le opportunità di vivere all’aperto esperienze costanti, significative e in linea con i loro interessi e le loro motivazioni. Sostanzialmente ai bambini manca quella personale relazione con l’ambiente esterno: stare in natura non significa solo frequentare la natura più selvaggia, fatta di boschi incontaminati, campagne, spiagge infinite, ma significa vivere l’ambiente esterno a partire da quello che abbiamo fuori casa, perché basta anche un piccolo angolo di marciapiede con una pianta spontanea per allenare la propria capacità di meravigliarsi. Stare all’aperto sviluppa atteggiamenti positivi con l’ambiente e il consolidamento di una propria identità ecologica: penso che questa sia la situazione di partenza che dovremmo creare come esperti in educazione, per poi riflettere insieme ai bambini su cosa, come e perché possiamo vivere nel modo meno impattante possibile per il nostro pianeta e noi stessi.
5) Quali sono i tuoi progetti futuri? E i sogni nel cassetto? Raccontaci della tua prossima mostra alla Casa della Cultura di Calderara di Reno (Bologna).
Da quando sono tornata in Italia porto avanti il mio impegno di volontaria e referente della mia città di Bologna per l’associazione italiana Plastic Free⁴, organizzando pulizie nella città. Inoltre, vivo con passione il mio lavoro nel centro di riuso creativo di materiali di scarto aziendale ReMida Bologna⁵ dove la sostenibilità, la ricerca sui materiali e il “learning by doing” sono la nostra quotidianità. Ringrazio ReMida ogni giorno perché mi ha insegnato a guardare davvero. Il mio prossimo progetto è stato un piccolo sogno che desideravo fortemente e riguarda la possibilità di condividere e raccontare la mia esperienza in Norvegia attraverso una mostra che ci sarà alla Casa della Cultura⁶ a Calderara di Reno (Bologna) durante l’ecofesta, dal 13 al 16 Aprile. Per tutto il periodo della mostra sarà presente l’associazione norvegese che è alla ricerca di collaborazioni e partnership in Italia per espandere il proprio progetto riguardante l’inquinamento marino. Nella mostra ci saranno alcune plastiche trovate, raccolte e conservate nel Mare del Nord durante la mia esperienza, insieme a quelle raccolte nel territorio in cui sarà la mostra: non esistono confini quando la responsabilità è di tutti gli esseri umani. Sono molto grata di invitarvi a quello che è un vero e proprio lavoro di gruppo, fatto di condivisione, aiuto reciproco, amicizia e speranza, risultato di una fitta rete di connessioni, cambiamenti, parole gentili, rispetto, azioni forti, risate, lacrime che dalla Norvegia arrivano fino in Italia. Questa forte sinergia è sempre stata aperta e libera e si espande in continuazione grazie alle connessioni che continuano a mantenere la sua ostinata voglia di proseguire e cambiare le cose.
di Lucrezia Martino
© Cristina Li Pera
© Cristina Li Pera
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